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"gentiloni-cdm-675.jpgL’Italia non aveva certo bisogno nei prossimi mesi di una campagna elettorale su temi come questi", ha detto il premier in conferenza stampa. Il ministro Poletti, a gennaio, aveva garantito: "Le leggi non si cambiano per evitare i referendum perché il referendum è un atto di democrazia". Camusso: "Non bastano gli annunci e i progetti provvisori, la campagna continua fino alla conversione in legge"

Pur di disinnescare il referendum promosso dalla Cgil, il governo Gentiloni ha abolito i voucher. Quelli che fino a poche settimane fa sosteneva essere uno strumento utile, per il quale sarebbe bastata qualche correzione normativa con l’obiettivo di limitare gli abusi. Il Consiglio dei ministri ha infatti dato il via libera all’annunciato decreto legge che cancella del tutto i buoni lavoro da 10 euro. Il testo prevede la soppressione dei tre articoli del Jobs Act (il 48, 49 e 50) che avevano recepito la normativa precedente sui buoni lavoro con alcune modifiche, come l’incremento da 5mila a 7mila euro del tetto massimo di reddito che un lavoratore può percepire con i buoni lavoro. Non solo: vengono cancellate con un colpo di spugna anche le norme che avevano abolito la responsabilità solidale tra committente e appaltatore nei confronti dei lavoratori, oggetto del secondo quesito. A questo punto, dunque, è certo che la consultazione referendaria fissata solo pochi giorni fa per il 28 maggio non si terrà. La leader Cgil Susanna Camusso in ogni caso si mantiene cauta: “La campagna referendaria”, ha annunciato, “continua fino a quando quello che è il decreto varato oggi dal Consiglio dei ministri, di cui controlleremo e guarderemo il testo, non si trasforma in una legge effettiva. Non bastano gli annunci e non basta un progetto provvisorio come un decreto legge a fermare quello che è un referendum sottoscritto dai cittadini”.

“L’Italia non aveva bisogno di una campagna elettorale”. Poletti a gennaio: “Leggi non si cambiano per evitare referendum” -“Abbiamo abrogato le norme su voucher e appalti nella consapevolezza che l’Italia non aveva certo bisogno nei prossimi mesi di una campagna elettorale su temi come questi e nella consapevolezza che la decisione è coerente con l’orientamento che è maturato nelle ultime settimane in Parlamento“, ha detto il premier Paolo Gentiloni in conferenza stampa, ammettendo di fatto che il vero obiettivo è evitare che gli italiani vadano alle urne su un tema divisivo come quello del lavoro iper-precario. Insomma, quello che il ministro del Lavoro Giuliano Poletti si era fatto sfuggire a metà dicembre auspicando le elezioni politiche in primavera (cosa che avrebbe comportato lo slittamento di un anno del referendum). Salvo poi smentire la volontà di rinviare o cancellare del tutto la consultazione e arrivare a garantire (era il 12 gennaio) che “le leggi non si cambiano per evitare i referendum perché il referendum è un atto di democrazia” per cui l’esecutivo si sarebbe limitato a “intervenire per riportarlo alle sue ragioni originali”.

La proposta (troppo soft) della commissione Lavoro – Il fatto che la decisione sia “coerente con l’orientamento che maturato in Parlamento” non è del tutto vero, perché la proposta unificata messa a punto dalla commissione Lavoro della Camera non sanciva l’abolizione tout court dei buoni, bensì prevedeva che potessero utilizzarli solo le famiglie, per pagare lavoretti a ore come quelli delle colf e delle badanti, e le imprese senza dipendenti. In più fissava paletti rispetto alle categorie di lavoratori che le imprese avrebbero potuto pagare con i voucher. Proposta che però la Camusso aveva respinto al mittente con la motivazione che “i voucher sono uno strumento malato in sé, e quando la malattia è grave non basta l’aspirina“.

“Voucher risposta sbagliata, strumento deteriorato” – Negli ultimi giorni, evidentemente, il timore delle urne ha raggiunto livelli tali che il governo ha preferito rimangiarsi la parola e correre ai ripari attraverso l’abolizione totale, con un periodo transitorio fino al 31 dicembre durante il quale quelli già acquistati potranno ancora essere usati. “Dividere nei prossimi due-tre mesi il paese tra chi magari strumentalmente demonizza lo strumento, e chi riconoscendone i limiti e avendo la chiara intenzione di riformarlo, sarebbe stato costretto a difenderlo, sarebbe stato un grave errore per l’Italia. La nostra decisione azzera e in un certo senso apre una fase nuova”, ha argomentato Gentiloni. Aggiungendo, per tentare di entrare nel merito, che “i voucher erano una risposta sbagliata, o che con il tempo si era dimostrata sbagliata, a un’esigenza giusta. I voucher erano uno strumento che con il tempo si era deteriorato“. A fine dicembre, premier da due settimane, aveva detto che “non sono il virus che semina il lavoro nero” per cui l’esecutivo avrebbe studiato una “revisione” per “correggere gli abusi”.

Poletti: “E’ diventato necessario fare i conti con il quesito referendario” – “Non era in campo una gara tra governo e Cgil, né con nessun altro. Era chiaro che si doveva andare verso una drastica riduzione dell’uso dei voucher”, ha commentato a sua volta Poletti, che sul tema voucher come è noto ha cambiato radicalmente idea molte volte. “C’era questo tema e avendo sul tavolo anche un quesito referendario abrogativo è diventato, gioco forza, necessario fare i conti con questa situazione e quindi abbiamo preso questa strada”, ha poi ammesso il ministro. Secondo cui comunque “non è previsto un cambio di passo nelle politiche del governo sul lavoro perché i voucher erano responsabilità dei governi precedenti,  non erano materia del Jobs Act” (ma, come visto, il decreto appena varato cancella appunto i tre articoli del Jobs Act che hanno recepito la normativa in materia). Alla domanda se l’abolizione farà aumentare il lavoro nero, Poletti ha risposto che “il rischio esiste”. Ma, ha detto, “sappiamo che il lavoro nero è vietato, ed è doverosamente immaginabile che i rapporti di lavoro vengano regolati secondo la legge”. Ora comunque si procederà a “aprire un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali e imprenditoriali sul tema della regolazione del lavoro occasionale e discontinuo“, che venendo meno i voucher avrà bisogno di nuove regole. Chi deve pagare una colf per poche ore, per esempio, dovrebbe giocoforza regolarizzare la prestazione domestica con un contratto a termine o con uno a chiamata. Patrizia Maestri, relatrice del testo sui voucher in commissione Lavoro, ha anticipato: “Già nelle prossime settimane depositerò alla Camera una proposta di legge per disciplinare il lavoro occasionale per le famiglie che oggi rischiano di essere le più penalizzate da questa abrogazione”.

Quanto alla responsabilità solidale in materia di appalti, il ministro ha detto che il governo ha deciso di “utilizzare gli elementi inseriti nel quesito referendario considerando che anche in questo caso, come per i voucher, la Camera aveva attivato una discussione in materia”. Ma le nuove norme “non introducono nulla di radicalmente innovativo riportando solo all’origine il testo che in passato già prevedeva una norma responsabilità solidale”.

Gli affondi del centrodestra e delle imprese. M5S attacca nel metodo: “Paura del popolo sovrano”: – Il centrodestra attacca il governo dicendo che si è fatto dettare la linea dalla Cgil “facendone pagare il prezzo”, è la tesi del presidente dei deputati di Area popolare Maurizio Lupi, “ai giovani e ai precari che grazie a questo strumento lavorano”. Contrarie anche imprese e commercianti. Per Confesercenti “il delitto è compiuto: si è deciso di uccidere il dinamismo di impresa” e “le imprese oneste non solo non potranno più contare sui mini-jobs per gestire i picchi d’attività, ma si troveranno anche a fare i conti con una maggiore concorrenza sleale esercitata da chi non si fa problemi ad alimentare il sommerso“. Stefano Ruvolo, presidente Confimprenditori, rincara scrivendo che “ancora una volta le ragioni politiche hanno vinto sull’esigenza di fare riforme strutturali sul mondo del lavoro”. L’abolizione dei voucher – secondo Stefano Ruvolo, presidente di – è solo “una soluzione pilatesca” per evitare di affrontare la questione della flessibilità con un sistema organizzato. “Si è deciso di non decidere – ragiona Ruvolo – di evitare sia il referendum della Cgil sia una soluzione alternativa, introducendo controlli per evitare l’abuso di questo strumento e soprattutto parametri temporali e reddituali basati sul costo orario del lavoro. Non decidendo invece e piegandosi al ricatto della demagogia si è di fatto deciso per il ritorno al sommerso”. Con l’abolizione dei voucher infatti, secondo Confimprenditori, viene meno un istituto creato proprio per regolarizzare pagamenti per le prestazioni occasionali. (segue) acp

Il Movimento 5 Stelle attacca l’esecutivo soprattutto per il metodo utilizzato: “Il fatto che il Governo abbia abolito la legge sui voucher (dal 2018), dimostra che hanno una paura maledetta del popolo italiano e in questo caso erano terrorizzati dal perdere un altro referendum”, ha scritto su Facebook il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio. (Il fatto quotidiano)