Se ne parla nel FOCUS - Vitivinicoltura, a cura del notiziario regionale di agricoltura sostenibile, Agrifoglio
Secondo le statistiche, le superfici vitate nel mondo sarebbero circa 7,5 milioni di ettari. Con i suoi 620 mila ettari, l'Italia (insieme a Spagna, Francia, Cina e Turchia) è tra i cinque Paesi che, insieme, raccolgono quasi la metà di questo immenso patrimonio.
A parte i vigneti in biologico, che continuano a raccontarci una "storia felice" con i loro 72.000 ettari, per il resto le superfici a vite italiane sono in calo: nel Centro-Sud ne è andato perso un terzo in 15 anni. La Basilicata stringe i denti, e fa quello che può: un terzo dei suoi vigneti potrebbero produrre vini di pregio. Ma nonostante gli sforzi dei produttori, solo la metà di questo potenziale risulta iscritta nei registri a DOC
Con il consumo di vino in discesa, e il mercato che sembra in parte orientarsi verso prodotti più commerciali, occorre attirare nuovi consumatori. La strada del biologico fa la sua parte, e così quella di investire sulla qualità. Ma un potenziale ancora tutto da esplorare è quello del recupero delle "identità" e delle tradizioni. Ricerche attente svolte sulla agrobiodiversità della Basilicata, che hanno visto e vedono l'ALSIA tra i protagonisti per ora nella Val D'Agri e nel Pollino-Lagonegrese, hanno permesso di individuare numerosi antichi vitigni autoctoni e di metterli in sicurezza in campi di conservazione ubicati nelle Aziende agricole sperimentali dimostrative dell'Agenzia.
Di qui, dalla valorizzazione di questi reperti preziosi raccolti in quasi 15 anni di lavoro dei tecnici dell'ALSIA e di enti di ricerca, può anche passare il rilancio della vitivinicoltura lucana.