BAS“C’è in atto in Basilicata una strategia di trasformazione dei territori in piattaforme di accoglienza, stoccaggio e trattamento di rifiuti di ogni sorta, spesso fatti passare per non pericolosi e assimilabili a quelli urbani. Se poi tali piattaforme (chiamate ecologiche) sono situate sulla costa Jonica, cioè su un’arteria di traffico tra Calabria e Puglia, c’è davvero di che preoccuparsi”. E’ quanto si legge in un comunicato stampa a firma del Movimento Potenzattiva e Cova contro.
“Dopo il tentativo di costruire un inceneritore nella piana di Metaponto, tentativo disinnescato dai comitati e dalla rete di associazioni locali e non (come il WWF di Matera, Potenzattiva e Cova Contro), che hanno vinto il ricorso presentato al TAR, ora tocca al Comune di Policoro, dove l’Amministrazione del sindaco Leone ha approvato, con Verbale di Deliberazione del Consiglio Comunale n. 29 del 27/12/2016, il “Progetto per la realizzazione di un'isola ecologica da adibire a stoccaggio recupero di rifiuti assimilabili agli urbani nell'ambito della zona D1 del Comune Di Policoro”. Il progetto, come era già avvenuto per l’inceneritore di Metaponto, ha già ricevuto tutti i necessari pareri favorevoli: dalla Provincia e dall’ASL di Matera, dall’Autorità di Bacino e dagli Uffici competenti della Regione Basilicata, in particolare l’Ufficio Compatibilità Ambientale, che ha espresso parere favorevole di assoggettabilità a V.A.S. dell’impianto.
Il progetto – si legge nella nota - sulla carta prevede la realizzazione di un’isola ecologica di circa mq. 9.600, da adibire a stoccaggio e recupero di rifiuti assimilabili agli urbani nell’ambito della zona D1 del comune di Policoro. Ma, a una lettura attenta della relazione e da una verifica in loco, si scoprono tutta una seria di incongruenze e di inesattezze. Prima di tutto la denominazione isola ecologica è del tutto riduttiva, in quanto trattasi di un vero e proprio impianto di stoccaggio, recupero e trasformazione di rifiuti, dichiarati assimilabili a quelli urbani. Ma i codici CER previsti (relativi ai materiali che saranno stoccati e trattati) non corrispondono solo a tali categorie di rifiuti, in quanto sono previste, a solo titolo d’esempio, anche terre di scavo (quindi anche sottofondi stradali?).
A tal proposito, non a caso, adiacente all’area dell’impianto di rifiuti è già in funzione un altro impianto per la produzione di bitume, in pratica un inceneritore altamente inquinante, sempre di proprietà dell’azienda proponente e del suo rappresentante legale. Il triangolo della monnezza si chiude con una discarica incontrollata a cielo aperto, proprio in corrispondenza dell’innesto della Sinnica con la SS Jonica 106, sulla sponda del fiume Sinni, dove vengono ammassati sottofondi stradali di ogni tipo, una montagna di bitume e chissà cos’altro, che certamente si sversano nel fiume.
Ma le inesattezze più gravi, contenute nella relazione di progetto, riguardano le asserzioni:
- che non siano presenti né residenze né coltivazioni, mentre siamo in piena area agricola (Via Foggia) con abitazioni e aziende agricole: frutteti, orti, uliveti, etc.
- che non siano presenti aree protette, mentre siamo nelle vicinanze del SIC foce Sinni (i cui confini sono a circa 100 metri dall’impianto in questione), del Bosco Pantano di Policoro e dell’Oasi WWF.
Infine sussiste l’aggravante del cumulo pericoloso degli impatti: i suddetti ’impianto di bitume e discarica di sottofondi stradali, la vicina s.s. 106 Jonica e l’ENEA.
Ce n’è abbastanza per preoccuparsi, e, ancora una volta, tocca alle Associazioni e ai cittadini denunciare, verificare, controllare, tutelare la salute dei residenti e dell’ambiente e cercare di salvaguardare quel patrimonio agricolo di cui la classe politica si riempie la bocca nelle oratorie mediatiche, per poi derogare di fronte ad altri interessi e all’affare Monnezza”.
bas04