Nei giorni scorsi i Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Rimini, coordinati dalla locale Procura della Repubblica, hanno dato esecuzione ad un decreto di sequestro preventivo d’urgenza emesso dal Pubblico Ministero, successivamente convalidato dal G.I.P. del Tribunale di Rimini, di 41 unità immobiliari tra uffici, stabilimenti industriali e terreni edificabili per un valore di 17 milioni di euro. Sono 4 gli indagati, tra cui 3 consulenti finanziari con uffici in Svizzera ed Emirati Arabi ma operativi anche sul territorio nazionale nelle province di Roma, Rimini e Cosenza.
Le complesse indagini in materia di reati fallimentari eseguite dagli specialisti del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria hanno consentito di disarticolare rapidamente un piano criminoso volto a sottrarre (almeno da quanto risulta allo stato delle indagini) l’intero patrimonio immobiliare di una importante società riminese, in liquidazione giudiziale, operante nel commercio all’ingrosso di prodotti ortofrutticoli per aziende della grande distribuzione.
In particolare, a seguito dell’ormai irreversibile stato di crisi aziendale della società riminese, l’amministratore si è rivolto ad un gruppo di consulenti finanziari con sede in Svizzera ed Emirati Arabi, ma operativi anche sul territorio nazionale, i quali, attraverso una complessa operazione di “cartolarizzazione immobiliare” hanno trasferito, pochi mesi prima della dichiarazione di fallimento, tutti gli immobili ad una società neocostituita, c.d. “società veicolo”.
Gli iniziali accordi sottostanti all’operazione di cartolarizzazione, che prevedevano il collocamento di titoli obbligazionari su mercati finanziari esteri, in particolare sulla piazza di Dublino, al fine di raccogliere nuova liquidità necessaria alla società riminese, non venivano attuati e, di conseguenza, la stessa, nel frattempo dichiarata fallita, veniva svuotata dell’intero patrimonio immobiliare senza ricevere alcun corrispettivo.
Dagli approfonditi riscontri investigativi emergeva che l’intera operazione di “cartolarizzazione” (almeno da quanto risulta allo stato delle indagini) non aveva né le prescritte autorizzazioni né i requisiti richiesti dalla Banca d’Italia e, di fatto, era stata simulata ed, inoltre, veniva appurato che si stavano organizzando ulteriori cessioni di immobili, tra cui una a favore di una Fondazione di diritto estero, ma riconducibile al medesimo sodalizio, con l’intento di far credere che le suddette cessioni a soggetti terzi venissero fatte in buona fede, cercando così di impedirne per sempre il recupero da parte degli organi della procedura di liquidazione giudiziale.
Un articolato disegno illecito, reso ancor più complesso dal coinvolgimento di soggetti esteri, scoperto ed interrotto tempestivamente dagli investigatori riminesi con il sequestro d’urgenza dei beni immobili distratti dal patrimonio della società fallita.
L’importante risultato di servizio conseguito testimonia come la sinergica applicazione del protocollo d’intesa tra il Tribunale e la Procura della Repubblica di Rimini concernente le attività relative alla “crisi d’impresa”, stipulato con il fine di assicurare rapidità ed efficienza nelle collaborazioni tra gli organi della procedura fallimentare e dell’Autorità Giudiziaria fin dall’immediatezza dell’avvio delle procedure concorsuali, abbia permesso di assicurare tempestività alle azioni cautelari consentendo il recupero dell’ingente patrimonio immobiliare sottratto in danno ai creditori e alle finanze dello Stato.
L’operazione di polizia giudiziaria della Guardia di Finanza di Rimini svolta con l’ausilio dei Finanzieri del Reparto di Sibari e del Servizio Aereo delle Fiamme Gialle, che ha fornito supporto tecnico logistico per le operazione svolte sul campo, si inserisce nel quadro delle linee strategiche dell’azione del Corpo volte alla tutela dei mercati, per la tutela dell’economia legale, a salvaguardia dell’imprenditoria rispettosa delle regole e per la repressione di fenomeni di inquinamento del tessuto economico sano.
Si evidenzia che il provvedimento in parola è stato emesso sulla scorta degli elementi probatori acquisiti in fase di indagini preliminari e, pertanto, in attesa di giudizio definitivo, sussiste la presunzione di innocenza.