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Se dopo la separazione il matrimonio viene annullato anche dalla chiesa, si scioglie ogni vincolo tra i due ex coniugi, e viene meno anche l'assegno di mantenimento stabilito da un giudice. L'ha stabilito la Corte di Cassazione, in una sentenza che ha per protagonisti due cinquantenni della provincia di Benevento. Dopo il provvedimento del giudice che aveva dato efficacia civile alla sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio, l'ex marito aveva chiesto la revoca dell'obbligo a versare alla ex moglie 250 euro mensili, cifra stabilita in fase di separazione. La richiesta era stata accolta dal tribunale di Benevento, ma la sentenza era stata ribaltata dalla corte di appello di Napoli. I giudici di secondo grado, accogliendo il reclamo della donna, avevano ritenuto che, «una volta formatosi il giudicato sulla sentenza» che attribuisce l'assegno di separazione in favore del coniuge, «la successiva dichiarazione di nullità del matrimonio non può determinare il venir meno del diritto alla percezione dell'assegno». Secondo la prima sezione civile della Cassazione, invece, una volta dichiarata l'invalidità originaria del matrimonio in chiesa viene meno il presupposto per il riconoscimento dell'assegno di mantenimento.
La separazione, spiega la Corte, è solo una «sospensione dei doveri di natura personale», fedeltà, convivenza e collaborazione, mentre «gli aspetti di natura patrimoniale permangono». E' però «innegabile che il vincolo matrimoniale venga meno allorquando sia resa efficace nello Stato italiano, attraverso il procedimento di delibazione, la sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario», per «vizi originari» nell'unione tra i due coniugi. Questo comporta che non possano resistere «le statuizioni economiche». La questione è differente in caso di divorzio, e non di separazione. La Suprema Corte, infatti, aveva già stabilito «la permanenza dei provvedimenti economici accessori al divorzio anche in presenza della riconosciuta nullità del matrimonio». Questo sul presupposto che, nel decidere per l'assegno di divorzio, i giudici hanno già valutato l'esistenza di giustificati motivi, come la presenza di figli o l'assenza di mezzi adeguati di sostentamento della persona economicamente più debole. Si tratta di una forma di «solidarietà post coniugale», che non può essere fatta valere, invece, per l'assegno di separazione. (Il Messaggero)