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Prima applicazione in Vaticano della riforma del codice penale del luglio 2013. Pende l'esame del Comitato diritti umani dell'Onu
Una condanna pesante, in linea con le richieste del Promotore di giustizia, Giampiero Milano, giunta al termine di sole due udienze pubbliche, visto che il reato contestato è stato ammesso dallo stesso imputato l'ex diplomatico vaticano monsignor Carlo Alberto Capella.E' la prima volta che viene applicata in Vaticano la riforma del codice penale del luglio 2013 che ha introdotto il reato di pedofilia e pedopornografia, visto che un altro imputato nel 2015, l'ex Nunzio Jozef Wesolowski è morto prima dell'inizio del processo. Quella di oggi è una decisione che va ben al di là dell'esito processuale, soprattutto in un momento nuovamente molto delicato per la Santa Sede e il Vaticano in rapporto alla pedofilia del clero cattolico. Un incubo che ritorna. Un membro del C9, il cosiddetto consiglio della Corona, di papa Francesco, il cardinale George Pell è sotto processo in Australia con accuse personali di abusi sessuali, che lui però ha sempre negato. Un altro, il cardinale Errazuriz è accusato dai fedeli in Cile di essere tra coloro che hanno insabbiato per anni il caso del vescovo di Osorno, in Cile, Juan Barros, di cui Francesco ha accettato pochi giorni fa le dimissioni, dopo che la sua vicenda ha scatenato accuse contro l'intera chiesa di quel Paese e ha messo in difficoltà lo stesso Papa che aveva continuato a difenderlo sulla base di informazioni sbagliate che gli erano state fornite . Un terzo cardinale americano, l' ex arcivescovo di Washington, Theodore McCarrick, è stato sospeso dal Papa dall'esercizio pubblico del sacerdozio, nei giorni scorsi. Mentre tra appena un mese il Vaticano e a Santa Sede dovranno essere nuovamente valutati dal Comitato per i diritti umani dell'Onu a Ginevra (Comitato contro la Tortura) dopo che nel 2014 erano stati richiesti 9 cambiamenti sulla pedofilia, pena una pesante sanzione internazionale. L'imputato Capella, oggi, è stato ritenuto colpevole di "divulgazione, trasmissione, offerta e detenzione" di materiale pedopornografico di qualcosa come 40 - 55 files , comprendenti foto,films, animazioni giapponesi, di cui si è esclusa la ricerca casuale od occasionale sul web , ma il cui reperimento e molto complesso, e il cui uso - è stato sottolineato dal Promotore di Giustizia - comporta lo sfruttamento dei minori. Una condanna in cui - come spiega il dispositivo della sentenza - la pena base quattro anni di reclusione ed euro 4.000 di multa, sono stati aumentati per la continuazione del reato nella misura finale di cinque anni e cinquemila euro di multa. La condanna non è stata ancora più pesante solo perché il Tribunale presieduto da Giuseppe Dalla Torre ha operato il bilanciamento dell' aggravante dell'ingente quantità (prevista dall'art. 10, comma 5, della legge n. VIII del 2013) con le attenuanti generiche (art. 59 c.p., così come modificato dall'art. 26 della legge n. L del 1969), concesse anche in ragione del comportamento processuale dell'imputato che si è dichiarato colpevole.

Capella ha cercato di spiegare anche in aula, che la sua condotta è stata generata da un periodo di crisi, dovuta ad una forte insoddisfazione professionale. Un'insoddisfazione seguita al suo trasferimento a Washington come numero quattro della Nunziatura, dopo cinque anni passati (2011- 2016) all'interno della sezione rapporti con gli Stati della segreteria di stato e poi presso la nunziatura in Italia, anni in cui aveva seguito tutti i dossier economici vaticani più importanti dall'antiriciclaggio, alla creazione dell'AIF, fino alla firma del Trattato fiscale con l'Italia, che ha permesso il rientro dei capitali detenuti presso lo IOR da soggetti italiani per circa un miliardo di euro. Una "giustificazione" che è stata contestata non solo dal rappresentante dell'accusa, ma anche dal Presidente del Tribunale. Tra l'altro, risulta dagli atti processuali, che monsignor Capella ha continuato ad accedere e scaricare il materiale pedopornografico anche dopo che era stato richiamato in Vaticano, a seguito di una notifica del Dipartimento di Stato americano e di un mandato di arresto spiccato contro di lui dalle autorità canadesi appunto per dettesione e distribuzione di materiale pedopornografico . L'avvocato di Capella, Roberto Borgogno, si è soffermato sul profilo psicologico del suo assistito: «Questi comportamenti - ha detto - non sono indice di pericolosità ma di un disagio: non si può sempre parlare di detenzione, ci sono terapie e percorsi riabilitativi che le autorità ecclesiastiche ben conoscono. C'è la possibilità di un cammino terapeutico». Capella , adesso, però dovrà affrontare anche il processo canonico, e potrebbe essere anche spretato.
 (huffpost)
Maria Antonietta Calabrò