Durante il question time alla Camera del 24 gennaio, Giorgia Meloni ha spiegato i motivi che l’hanno spinta, nella legge di bilancio, a non rinnovare il taglio sull’Irpef agricola, prorogato da tutti i governi che si sono succeduti dal 2016 in poi.
La legge di bilancio dell’esecutivo di centrodestra ha, infatti, a distanza di anni, reintrodotto l’Irpef per gli agricoltori e impone ai giovani che intraprendono questo mestiere di versare i contributi previdenziali, cosa che prima non era prevista.
La mancata proroga dell’esenzione Irpef per i redditi dominicali e agrari ai coltivatori diretti e agli imprenditori agricoli dava ossigeno e sostegno ad un settore che risulta tra i più colpiti dai costi, dal caro-carburante e soprattutto dalla crisi climatica che ogni anno rende i raccolti sempre più difficoltosi, tra temperature torride e alluvioni.
È inaccettabile. Ed è altrettanto deplorevole il motivo che ha spinto il governo a prendere questa scelta, in quanto si tratta di un vero e proprio insulto nei confronti del mondo agricolo sostenere che si tratti di una misura di cui hanno beneficiato soltanto coloro che non ne avevano bisogno.
Forte di questa convinzione, l’esecutivo ha deciso di agire penalizzando tutti. Una mossa priva di ogni logica e che penalizza un intero settore che contribuisce al sostentamento di migliaia di famiglie, soprattutto Meridionali.
Ma il governo Meloni non è nuovo a queste decisioni scellerate: dal reddito di cittadinanza al Meridione, passando per quest’ultimo “atto punitivo”. Il centrodestra continua a penalizzare categorie e settori produttivi in difficoltà, senza curarsi delle conseguenze e degli effetti che tali provvedimenti potranno avere sul futuro del Paese.
Questa non è politica. È, invece, - anche a giudicare dal contenuto della manovra su cui mi sono già espresso -, un altro inesorabile passo verso un baratro sociale annunciato.
Gianni Leggieri, consigliere regionale