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cova-1.jpgLo ha deciso l’esecutivo lucano nell’ultima seduta: l’amministrazione regionale pronta a costituirsi in giudizio per ottenere un ristoro dei danni di natura economica - provocati dall’interruzione delle estrazioni petrolifere per alcuni mesi - ma anche ambientali e di immagineAGR Le vicende legate “all’ingente sversamento di idrocarburi” avvenuto a marzo del 2017 “nell’area del Centro Olio Val d’Agri (Cova) con contaminazione anche esterna al perimetro” che avevano determinato la necessità, da parte dell’amministrazione regionale, di sospendere per alcuni mesi le attività estrattive hanno indotto la Regione Basilicata ad adire le vie legali nei confronti di Eni, per un risarcimento di natura economica ed ambientale ma anche per ottenere una riparazione delle conseguenze lesive del danno di immagine. Nell’ultima seduta, l’esecutivo lucano, guidato dalla presidente facente funzioni, Flavia Franconi ha infatti stabilito “a tutela dei diritti ed interessi dell’amministrazione, così come astrattamente previsti dalla normativa e dalla richiamata giurisprudenza consolidata, di dover demandare all’Ufficio Legale e del Contenzioso ogni più compiuta e doverosa valutazione circa le azioni legali da intraprendere ovvero da coltivare in ogni sede competente, volte a far accertare la condotta antigiuridica di Eni S.p.a in relazione agli eventi occorsi al Centro Olio Val d’Agri (Cova) e, conseguentemente, all’ottenimento del giusto ristoro dei danni patrimoniali e non patrimoniali, certamente comprovabili e quantificabili in sede giudiziale”. La giunta regionale ha dato mandato al presidente, in qualità di legale rappresentante “di agire in giudizio e costituirsi in ogni stato e grado dello stesso”. Il provvedimento della giunta “per la tutela dei propri diritti costituisce atto di ordinaria amministrazione rivestente anche il carattere di indifferibilità in quanto inteso altresì a scongiurare ogni decadenza ed il decorso dei termini prescrizionali dei diritti medesimi”. Nella delibera dell’esecutivo lucano è specificato che “la consolidata giurisprudenza della suprema Corte di Cassazione in materia ha evidenziato che, per effetto della condotta illecita, certamente possono configurarsi anche in capo all’ente pubblico territoriale danni di natura patrimoniale e, comunque, suscettibili di valutazione economica tra i quali, in particolare, il danno all’immagine e reputazionale, che, nella specie, risulta del tutto evidente, nonché danni non patrimoniali, ulteriori rispetto a quello ambientale in senso stretto inteso quale lesione del pubblico interesse, autonomamente risarcibili sotto un profilo strettamente privatistico ex art.2043, nonché ex art.2059 del Codice civile e, quindi, altrettanto autonomamente azionabili iure proprio”. Nel provvedimento, inoltre, è evidenziata - a motivo della decisione di adire le vie legali nei confronti di Eni - anche “la mancata realizzazione delle entrate connesse alle attività estrattive nel periodo di necessitata sospensione che costituisce evidente pregiudizio economico per la Regione”. Si ricorda che la giunta regionale aveva deciso di sospendere le attività del Cova “in seguito alle inadempienze” della compagnia petrolifera “dopo lo sversamento di greggio da uno dei serbatori che aveva causato la contaminazione della falda”. L’esecutivo lucano, a conclusione di un contenzioso di natura amministrativa promosso da Eni aveva quindi, a luglio del 2017 “autorizzato, con prescrizioni, il riavvio dell’esercizio del Centro Oli Val d’Agri di Viggiano precedentemente sospeso”.