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Dal 1 gennaio 2024 una nuova Spa gestirà le dighe del Sud Italia al posto dell'EIPLI (Ente per l’Irrigazione di Puglia Lucania e Irpinia) in base ad una norma introdotta dall’articolo 23 della legge n.74 del 21.6.2023 che istituisce al suo posto una Società per Azioni denominata “Acque del Sud S.p.A.” 
il capitale sociale di Acque del sud Spa iniziale è stabilito in soli 5 milioni di euro. Le azioni sono attribuite al Ministero dell’economia e delle finanze, che può trasferirle nel limite del 5 per cento a soggetti pubblici, nel limite del 30 per cento a soggetti privati individuati come soci operativi.
A guardare all’operazione, voluta da alcuni esponenti e forze politiche facenti parte dell'attuale governo nazionale e regionale, l’operazione pare finalizzata a salvare un ente pubblico dal completo fallimento, con un deficit che ammonterebbe – secondo i dati diffusi dal governo – a 80 milioni di euro (in parte costo dell’acqua non riscosso)  , stabilizzando i pochi funzionari e stanziando per essi per la sola annualità 2023 la somma di 150mila euro. Debiti che non rientrerebbero nella nuova societa
i crediti e i debiti sorti in capo all’Ente, unitamente ai beni immobili diversi da quelli aventi natura strumentale all’esercizio delle relative funzioni, sono esclusi dalle operazioni di trasferimento al patrimonio della società Acque del Sud Spa”. G.U. 21-6-2023
Ci sembra invece che questa operazione invece rischia  di rappresentare l’ennesima operazione in perdita per i cittadini, che si vedranno svenduti a loro insaputa la gestione di un patrimonio pubblico e un "asset strategico" per la gestione pubblica del bene acqua rappresentato dalle dighe e dai relativi impianti (schemi idrici, telecontrollo, traverse idriche, etc ) gestiti dall’EIPLI (Diga del Pertusillo, Diga di Acerenza, Diga di Conza in Irpinia, Diga di Genzano, Diga di Monte Cotugno, Diga di Ponte Fontanelle – Camastra, Diga Lago di Saetta, Diga Serra del Corvo) alle quali vanno aggiunti gli schemi idrici delle dighe di Gannano e San Giuliano. Il tutto con una capacità di acque invasate e gestite dagli acquedotti di circa  500 milioni di metri cubi d’acqua.
Con un capitale sociale irrisorio pari a 5 milioni di euro, viene costituita la società “Acqua Pubblica del Sud” prevista dalla legge del governo. Si decide di far controllare così un patrimonio di infrastrutture strategiche e impianti il cui valore economico è pari a decine di miliardi di euro, dando la possibilità ai potenziali acquirenti privati o pubblici della società per azioni di gestire un patrimonio economico ben più consistente. Se questa non è una “ svendita” a prezzi per così dire “stracciati” di un patrimonio pubblico, aspettiamo di conoscere come può essere definita.
L’operazione evidenzierebbe l’intenzione di consentire che privati con le loro azioni  potranno intervenire sul controllo non solo sulle dighe e sull’acqua pubblica, ma soprattutto sul sistema di gestione delle tariffe da praticare per l’acqua pubblica (acqua all’ingrosso-che sarà stabilita da Arera ) , che attualmente serve milioni di abitazioni, industrie e l’intero comparto agricolo esistente in tre regioni del sud italia.
L’operazione commerciale rischierebbe inoltre di caricare sulle bollette dei cittadini eventuali futuri costi in perdita della gestione delle reti idriche, oltre quelli delle dighe a carico dei cittadini. Ricordiamo che i costi di realizzazione di queste infrastrutture idriche sono stati in passato a completo carico dello Stato negli anni compresi dal 1950 al 1990 (Cassa per il Mezzogiorno, Svimez, fondi del prestito del Piano Marshall, etc) ed oggi, per la loro manutenzione, necessiterebbero di grossi investimenti pubblici con alcune dighe la cui realizzazione ormai risale ad oltre 70 anni fa (vedi diga del Pertusillo, San Giuliano, Gannano, etc).
Se fosse così rischierebbe di diventare anche un'operazione di disimpegno dello Stato per il Sud Italia con i costi da far pagare direttamente ai cittadini del sud Italia a vantaggio di pochi e privati nonostante l’acqua sgorga dalle nostre montagne gratuitamente.L’annuncio del “bonus acqua”per i Lucani, dopo il bonus gas, in questo contesto rappresenterebbe l’ennesima propaganda mentre si vorrebbe svendere  la gestione delle risorse del territorio del sud Italia. Considerato che  questo bonus arriva dopo sostanziali aumenti precedenti che hanno interessato tutti i lucani sulle bollette Aqp e che 4 pannelli fotovoltaici (per i costi energetici di Aqp) la Regione Basilicata  li avrebbe potuti tranquillamente finanziare anni addietro con i vari fondi pubblici su rinnovabili,sostenibilità e comunità energetiche , senza attendere compensazioni petrolifere e lasciare trivellare per forza il nostro territorio.
Un tema importante come le acque (bene comune)  in una  regione come la Basilicata  che non ha  mai redatto  un piano di tutela delle acque dai rischi ambientali-industriali (in particolare aree estrattive)  meriterebbe anche una gestione più equa e solidale interessando comuni,consumatori e tutelando gli ecosistemi. Per evitare che questa ennesima spoliazione del sud Italia abbia seguito e in mancanza di una correzione più equa della stessa legge, sarebbe opportuno che i  partiti politici, le organizzazioni sindacali  e quelle civili del territorio di Basilicata, Puglia, Campania – Irpinia promuovessero  un referendum popolare per chiedere l’abolizione dell’art.23 e di tutti i commi della legge n.74 del 21.6.2023 che costituisce "Acque del Sud SpA"  .

NO SCORIE