Il Garante regionale dell’infanzia e dell’adolescenza evidenzia che in Basilicata i casi di reati sono 47, (aumentati del 10 per cento rispetto al 2020) e sottolinea l’importanza di un clima sereno a casa per un sano sviluppo psico-fisico dei bambini
“La Federazione internazionale ‘Terre des Hommes’, in occasione della giornata mondiale delle bambine, nel Dossier indifesa ‘La condizione delle bambine e delle ragazze nel mondo’ 2022, ha reso noto i dati dei reati commessi a danno di bambini e ragazzi al disotto dei 18 anni, che sono drammaticamente sconfortanti: superano i seimila. I casi di reati ai danni dei minori vanno dai maltrattamenti all'abuso dei mezzi di correzione, dalla pedopornografia alla violenza sessuale. Nella nostra regione sono complessivamente 47, aumentati del 10 per cento rispetto al 2020. Di questi, 23 maltrattamenti (+28 per cento dal 2020) e 2 violenze sessuali (-70 per cento dal 2020), queste ultime al 100 per cento su bambine e ragazze”.
A commentare i dati il Garante regionale dell’infanzia e dell’adolescenza della Basilicata, Vincenzo Giuliano, che evidenzia come siano “i reati siano aumentati in ambito domestico, reati che coinvolgono i minori ossia i maltrattamenti contro familiari e conviventi. E questo è preoccupante per le conseguenze dello sviluppo psico-fisico delle vittime che, un giorno, saranno adulti fragili, alcuni dei quali a rischio di diventare a propria volta carnefici, reiterando le violenze che hanno subito. L’esposizione alla violenza genera traumi che quasi sempre si traducono, successivamente, in disturbi mentali. È vero che il 2021 è stato un anno particolare perché segnato dalle restrizioni della pandemia. Ma è importante proteggere la nostra società dalla violenza, iniziando dalla tutela del bambino e dall’educazione alla famiglia sull’ importanza di un clima sereno in casa e sulla assoluta necessità di preservare i piccoli dall’assistere o subire violenza. Gli studi pediatrici hanno affermato che il cervello si sviluppa ad una velocità incredibile durante le prime fasi dello sviluppo dei neonati e dell'infanzia. L'esposizione ripetuta alla violenza, soprattutto in questa fascia d’età, produce uno stress mentale grave da generare un trauma che potrebbe tradursi nell’immediato in risposte come incontinenza, enuresi, insonnia, ritiro sociale, incapacità di gestione delle proprie emozioni, aggressività ecc. In futuro questi bambini potrebbero non riuscire a superare da soli il trauma e presentare depressione, ansia, post traumatic stress disorder (PTSD), tendenze suicide, condotte antisociali, ritardo cognitivo, ritardo nel linguaggio, scarse abilità sociali, emozionali e cognitive, difficoltà nella visione, nella parola e nell'udito, aumento del rischio di malattie croniche (risposte fisiche al disturbo mentale), maggiore rischio di far uso di sostanze e alcool, maggior rischio di condotte alimentari errate, maggiore rischio di perpetrare a loro volta la violenza, di assumere condotte promiscue o sessualizzate, ecc. Più a lungo avranno subito/assistito alla violenza, più grave sarà l'impatto sulla loro salute, sia fisica che mentale”.
“Gli eventi traumatici nei primi anni d’infanzia non vengono persi – sottolinea Giuliano - ma piuttosto conservati per tutta la vita, come le impronte di un bambino nel cemento fresco. Il tempo non cura le ferite che avvengono in quei primi anni: le nasconde solamente. Le ferite non vengono perse, diventano parte del corpo (Lanius, Vermetten e Pain, 2010. Saper identificare l'impatto fisico della violenza può essere molto importante per conoscere la persecuzione e adottare misure efficaci per proteggere i bambini dalla violenza e dall'abbandono. È più facile riconoscere i segni di violenza fisica rispetto ad altri tipi di violenza, come la negligenza o la violenza emotiva. Bisogna imparare a cogliere i segni della violenza nel linguaggio non verbale dei bambini, in quanto i segni fisici non sono sempre evidenti e un bambino potrebbe non dire a nessuno cosa gli è successo, neanche sotto richiesta o non essere in grado di dire nulla, in particolare quando sono interessati da disabilità cognitiva e assenza di linguaggio verbale (fattori che rendono questi bambini estremamente vulnerabili e vittime preferenziali di violenza). Per questo è importante il lavoro di equipe sia in prevenzione che in risposta alla violenza. Una veloce segnalazione da parte delle figure educative, una rapida attivazione dei servizi sociali alle prime segnalazioni ed una presa in carico efficace nei casi accertati possono sicuramente giovare alla riduzione della gravità del fenomeno della violenza. La presa in carico dev’essere totale: psicologica, medica, giuridica ma soprattutto educativa”.
“Penso che la risposta migliore abbia sede sicuramente nella prevenzione di questo fenomeno – continua il Garante dell’infanzia e dell’adolescenza - e la strada della prevenzione passa soprattutto attraverso l’educazione. Un buon lavoro educativo, portato avanti da pedagogisti, sulla famiglia, sulla scuola, negli ambienti sportivi, negli ambienti di vita principali dei nostri bambini e ragazzi, è un ottimo deterrente all’esposizione alla violenza ed al conseguente trauma. Buone politiche familiari tutelano situazioni di indigenza e promiscuità che più facilmente possono veicolare condotte violente. Una migliore sorveglianza da parte delle istituzioni e della comunità (debitamente formate anche loro) possono contribuire a prevenire disagi e violenze”.
“L’intervento successivo al trauma è un percorso spesso lungo e delicato – conclude Giuliano - dal quale non è scontato uscirne. Per questo la nostra azione deve assolutamente vertere tutta nell’educazione alla non violenza, al reciproco rispetto, al rispetto delle regole e della legge, ad una comunicazione efficace, alla fiducia nelle proprie possibilità e nelle istituzioni”.